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Esperienze didattiche al tempo del Covid-19 - parte seconda

 

Condivisione

 

Apriamo con una domanda: “È possibile che il lockdown, seppur imponendo il distanziamento sociale, abbia in qualche modo contribuito alla rigenerazione delle relazioni interpersonali?”. Con le persone a noi più prossime intendiamo. Che fossero familiari rinchiusi nella stessa dimora o allievi incontrati virtualmente in aule digitali, è successo anche a voi di notare un miglioramento della qualità delle relazioni, una maggior condivisione e complicità? 

   Personalmente, mai come in questo periodo ho condiviso pensieri ed esperienze con le persone a me più vicine. In famiglia siamo in quattro: una maestra di scuola primaria; il sottoscritto; una laureanda di Accademia delle Belle Arti; una studentessa al secondo anno di Istituto d’Arte Applicata e Design. Tutti operativi con le proprie attività nel medesimo luogo e nello stesso momento. In una stanza si preparava una video lezione sui vulcani mentre accanto si svolgeva una sessione collettiva online dedicata alla progettazione di un nuovo modello super tecnologico di asciugacapelli dal design futuristico; in cucina - sul tavolo da pranzo - un piccolo laboratorio di incisione; in studio (nel mio bunker seminterrato in cui abitualmente lavoro) una lezione di chitarra sulla piattaforma WeSchool. Tutti sentivamo tutto, interferendo e interagendo a vicenda, senza filtri efficaci. Nel video della maestra poteva materializzarsi improvvisamente una giovane donzella con indosso una t-shirt e la parte inferiore del pigiama (“... tanto non si vede!”), in procinto di armeggiare con smartphone e auricolari bluetooth; la laureanda impegnata con il proprio lavoro d’incisione (aiuto! Il tavolo della cucina si salverà?!)  poteva ridere delle battute ironiche del babbo, e quindi interagire con la lezione in corso, perché cucina e studio sono collegati da una scala a chiocciola, perciò senza sufficiente isolamento. Ci si poteva scambiare consigli, opinioni, aiuti in tempo reale. Situazione assolutamente inedita. E tutte le altre cose fatte insieme, quando non impegnati in attività lavorative: le partite a carte o a scacchi, le competizioni culinarie in stile “4 Ristoranti”, le sedute di meditazione tenute da un amico su Facebook, le corse intorno all’isolato rispettando le regole imposte dalla quarantena (sigh!), le litigate affrontate in modo nuovo e diverso perché da quei 100 metri quadri non si poteva fuggire… E tanto altro ancora, di nuovo, di inaspettato. Fortunatamente non siamo entrati in contatto con casi di contagio perché altrimenti tutto sarebbe drammaticamente cambiato e i racconti, a questo punto, non avrebbero come argomento la didattica.

   Che dire poi degli allievi?! Ci si sentiva con WhatsApp, Skype, WeSchool, Google Classroom a tutte le ore del giorno e della sera. Pure loro mescolati nello stesso brodo, in famiglia. Succedeva che mentre l’allievo svolgeva la propria lezione online la mamma cucinando origliava, assistendo (finalmente! Oserei dire da genitore - rischiando la scomunica ovviamente) ad una lezione di chitarra, con il fratellino che improvvisamente appariva nello schermo spuntando da sotto il tavolo e il cane disperato, abbaiante, rinchiuso chissà dove. Il tutto con un lieve brontolio intermittente di sottofondo: il padre, nella stanza attigua, impegnato a concludere una pratica di lavoro. È successo che alcuni abbiano provato disagio a causa di tale promiscuità, manifestando malessere anche in modo vivace e colorito. Non v’è dubbio che tutto ciò sia stato molto difficile da affrontare ma nel contempo pare abbia riservato aspetti positivi. Entrando uno nella vita dell’altro ci siamo conosciuti di più e meglio, scoprendo nuovi modi di essere. Per necessità abbiamo badato un po’ meno al rispetto della privacy - pur salvaguardando scrupolosamente le norme essenziali ed irrinunciabili - e ciò ha consentito di abbattere barriere, eliminare i muri divisori di protezione che abitualmente ergiamo intorno a noi, guadagnando occasioni di condivisione di cui, in condizioni di normalità, non beneficiamo.    

   Ora siamo più vicini, sappiamo di più uno dell’altro e abbiamo dato accesso virtualmente agli spazi che abitiamo e altrettanto hanno fatto i nostri allievi. Quando ci incontreremo di nuovo in presenza potrebbe essere tutto diverso, il nostro rapporto forse sarà migliore, più stretto, più empatico. Vedremo... Comunque l'opportunità di condividere è senza dubbio la prima risorsa che ci sentiamo di dover evidenziare e più avanti, quando entreremo nel merito di alcuni progetti realizzati durante i mesi di lockdown, avremo modo di analizzare tali esperienze e certamente convenire che hanno potuto concretizzarsi soprattutto grazie ad una maggiore e migliore interazione e collaborazione tra insegnanti, allievi e famiglie.

   La capacità di collaborare, di saper lavorare in team integrando il proprio agire in modo cooperativo con altri individui è certamente la competenza che abbiamo avuto la possibilità di potenziare e questo è un ambito per il quale sembra ci sia ancora molto da fare per migliorare. 

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Commenti: 3
  • #1

    JUILIA (lunedì, 05 ottobre 2020 10:01)

    Condividere è difficile. Dobbiamo restare arroccati a difesa del nostro orticello per evitare che colleghi intrusi rubino tutti i nostri segreti. Collaborare, cooperare significa permettere che gli altri conoscano ciò che abbiamo scoperto e che sappiamo fare. Meglio ognuno per se. Perché lavorare per incrementare i successi altrui? Io penso al mio lavoro e ai risultati che voglio raggiungere!

  • #2

    Maurizio Veglio (mercoledì, 25 novembre 2020 11:08)

    Buongiorno Juilia (o forse sarà Julia? chissà...)
    Devo ammettere che mi ha molto sorpreso il suo intervento. Non riesco a comprendere se si tratta di una provocazione, di sarcasmo oppure se voleva esprimere, seppur sinteticamente, ciò che veramente pensa. In entrambi i casi la ringrazio perché mi consente di sottolineare un aspetto importante del nostro lavoro. Intendo il lavoro mio e di Edoardo. Ci siamo conosciuti tanti anni fa, mi pare nel 1987, quando entrambi eravamo ancora studenti in Conservatorio. Lui brillantissimo diplomando; io all'ottavo anno di studio. Da lì a poco avremmo cominciato a suonare insieme, a frequentare i corsi di didattica della musica, a scambiarci opinioni, a collaborare e condividere molte esperienze, naturalmente anche le prime esperienze didattiche. Poco alla volta è nata un'amicizia e una collaborazione che prosegue ancora oggi. Per molto tempo abbiamo lavorato in stretta collaborazione, mettendo veramente in comune tutte le nostre idee e abbiamo iniziato a progettare e realizzare (credo nel lontano 1993 o forse 1994... ) le prime attività didattiche che in seguito sarebbero state organizzate nell'iniziale stesura del nostro libro. Devo ammettere che in nessun'altra occasione professionale si è realizzata una simile stretta collaborazione; sempre è successo che ognuno difendesse tenacemente il proprio orticello, per citare il suo scritto. Ho vissuto spesso questa situazione: ognuno per se, proprio come dice lei. Dopo tanti anni di attività didattica mi accorgo che trovare ambienti di lavoro in cui si è veramente capaci di lavorare in team, collaborando, cooperando è esperienza assai rara . Ci sarebbero molte cose da dire in merito ma non voglio, al momento, dilungarmi troppo. Però sento di dover esprimere un pensiero e lo farò manifestando immensa gratitudine: se non si fosse creata quella particolare alchimia che ha permesso al sottoscritto e a Edoardo di lavorare in stretta collaborazione il nostro progetto, i nostri libri probabilmente non esisterebbero . Ciò che abbiamo progettato e realizzato è il frutto della piena e completa condivisione di idee ed esperienze, senza alcun filtro, limitazione o segreto. Se ognuno di noi due avesse pensato esclusivamente al proprio lavoro, ai personali risultati da raggiungere, questi libri e tutto ciò che ad essi è collegato, non sarebbero mai stati creati. Perciò, per quanto mi riguarda, non posso essere d'accordo con lei e mi rendo conto di essere stato molto fortunato nel vivere questa rara e preziosa esperienza. Le auguro di poter, un giorno o l'altro, sperimentare e vivere questa situazione. Le auguro inoltre di incontrare una o più persone con le quali scoprire l'importanza della condivisione e della collaborazione per il bene e il successo di un team. Per quanto ci riguarda continueremo a credere nella condivisione, nella collaborazione, nello scambio di esperienze - per quanto sempre più difficile possa risultare - e questo sito è certamente il veicolo attraverso il quale opereremo.
    La saluto con affetto augurandole un futuro splendente e pieno di buoni incontri.
    Maurizio

  • #3

    Maurizio Veglio (mercoledì, 25 novembre 2020 12:44)

    Mi tocca rettificare un dato: Edoardo lo conobbi nel 1986 quando cominciai a suonare con l'Assieme Chiarristico Italiano. Bei tempi...