Esperienze didattiche al tempo del Covid-19 - parte quinta

 

Le risorse del WEB

 

   Stimare le dimensioni di ciò che contiene internet è difficile, forse impossibile perché estremamente vasto ed in continua evoluzione. Numerosi ricercatori e siti specializzati monitorano costantemente il web cercando di quantificarne la misura. Le stime più recenti, molto variabili data la dinamicità del fenomeno, indicano oltre un miliardo di siti con più di cinque miliardi di pagine. Ovviamente non stiamo considerando il dark web che non prenderemo in considerazione per evidenti motivi. Uno sconfinato mondo virtuale sviluppatosi in poco più di trent’anni, all’interno del quale si trova di tutto, cose buone, cose pericolose e soprattutto alla portata di chiunque. Il web contiene davvero molte insidie, basti pensare ai frequenti casi di cyberbullismo, di pedopornografia o di truffe informatiche. Tra i pericoli bisogna annoverare anche le questioni relative al cambiamento delle dinamiche relazionali provocato dall’avvento dei social media (WhatsApp, Facebook & C.). Nonostante tutto ciò, inibire ai nostri figli ed alunni l’utilizzo di questa risorsa a causa della sua potenziale pericolosità non è certamente saggio. Il compito di genitori e insegnanti semmai è proprio quello di aiutare i giovani a farne un uso positivo educando il loro senso di responsabilità, alimentando la capacità di selezionare e fruire di dati e risorse in modo critico ma anche applicando adeguati filtri di protezione per la tutela dei minori e, naturalmente, sovrintendendo alle loro esperienze online. Una sfida non semplice, che non può essere elusa perché viviamo in una società digitale, le nuove tecnologie fanno parte della quotidianità e stanno letteralmente cambiando il mondo. Da Homo Sapiens ci stiamo evolvendo in Homo Sapiens Digitalis, ma non montiamoci la testa: gli individui adulti nati nel ‘900 vengono classificati “immigrati digitali”. Le persone comuni ovviamente, quelli come noi, perché alcuni visionari e creativi della nostra generazione questo nuovo mondo  l’hanno immaginato e realizzato. Sir Timothy John Berners-Lee, co-ideatore del web in collaborazione con Robert Cailliau (di qualche anno più anziano), nacque nel 1955 come Steve Jobs e Bill Gates - fondatori rispettivamente di Apple e Microsoft. Bizzarra coincidenza non vi pare? Il padre del web e i creatori dei mezzi per esplorarlo sono coetanei, tutti del ‘55.

   I nostri allievi e figli  non sanno che meno di trent’anni fa, durante i primi anni ‘90 del secolo scorso, tutto ciò che oggi consideriamo scontato e che è di immediato accesso, non esisteva ancora o cominciava appena a svilupparsi. Una vera rivoluzione epocale iniziava con l’avvento di computer connessi fra loro attraverso la rete telefonica mondiale. Un collegamento alla presa del telefono mediante uno strano aggeggio chiamato modem che, all’atto di lanciare la connessione per avviare l’accesso ad internet, modulava strani suoni e voilà: si navigava nel Word Wild Web. Il primo software capace di consentire la consultazione di siti web non a caso si chiamava “Netscape Navigator” (ormai estinto) ed era contraddistinto da una suggestiva icona a forma di timone di galeone dei pirati. Questo programma, che oggi chiamiamo comunemente browser a significare appunto il navigare, l’esplorare, consentiva la navigazione nel nuovo mondo virtuale. Ricordo bene lo stupore di fronte al manifestarsi di tali improvvise possibilità: siti in cui si potevano trovare partiture musicali gratis, articoli e pubblicazioni dedicate alla didattica, programmi di notazione e registrazione musicale reperibili in rete, il sito Napster attraverso il quale scaricare musica senza costi (in modo non del tutto lecito…). Download all’impazzata e giù a riempire prima floppy disc (obsoleto!) poi compact disc (...anche questo in fase di estinzione). In seguito si passò ai dvd, agli hard disc esterni e, ai giorni nostri, al cloud: ovvero tutto il proprio archivio di dati e materiali digitali salvato online, in remoto, ma accessibile da ogni nostro dispositivo, in ogni momento e da qualsiasi luogo. Grazie a Google Drive, per citarne uno tra i tanti, possiamo avere salvati in rete - quindi accessibili da qualsiasi apparecchio digitale collegato ad internet - i nostri documenti, foto, video, insomma tutto ciò che gestiamo attraverso i nostri dispositivi. Davvero stupefacente non è vero? E stiamo parlando solo di internet senza considerare il progresso che le nuove tecnologie hanno generato in molti altri ambiti. Innovazioni incredibili, avvenute in un lasso di tempo breve, che hanno cambiato il mondo.

   Quando eravamo studenti (non molto tempo fa... considerando la relatività del tempo), se ad esempio si aveva necessità di consultare una partitura orchestrale, oppure effettuare una ricerca o ascoltare registrazioni audio di specifiche composizioni eseguite da Maestri della chitarra, si dovevano affrontare vere e proprie odissee. Lunghe trasferte per raggiungere biblioteche specializzate o negozi di dischi (in vinile), con notevole esborso di denaro e impiego di tempo. Ora è sufficiente un click, anzi un tocco sul touch screen ed è fatta! Si ha tutto a portata di mano, a casa, spesso in modo completamente gratuito, open source o a basso costo. Partiture musicali in pdf, registrazioni audio e video, tutorial, blog, eccetera… 

  Tutto si è trasformato negli ultimi trent’anni, non c’è dubbio, e ai nostri figli e allievi la condizione di “nativi digitali” va spiegata, governata, educata in modo che possano prenderne piena consapevolezza. Dobbiamo accompagnarli in questo percorso affinché sappiano beneficiare delle enormi risorse ed opportunità che hanno a disposizione e aiutarli, fin dalla preadolescenza, a farne un uso responsabile, proficuo, efficace e attivo. Lo scrittore statunitense Mark Prensky parlava di “saggezza digitale” già dai primi anni 2000 e, tra le altre cose, affermava che la tecnologia non è di per sé saggia ma è attraverso l’interazione tra la mente umana e appunto la tecnologia che si può raggiungere un livello superiore di saggezza. Si può essere d’accordo oppure no, visto che le vie della saggezza sono certamente molteplici, ma è un prospettiva che vale la pena considerare. Quindi, per tornare al senso di questo nostro ragionamento la domanda torna ad essere la medesima: “Le esperienze didattiche al tempo del Covid-19 hanno contribuito ad incrementare la competenza digitale?”. Sempre con l’intenzione di comprendere e valorizzare gli aspetti positivi di una tremenda pandemia, in modo da prepararci a ripartire, per ricominciare a lavorare per il futuro nostro e delle nuove generazioni con rinnovato entusiasmo. A questa domanda pensiamo di poter rispondere affermativamente, almeno per le esperienze che ci è stato possibile osservare ed analizzare direttamente (ed è una visione parziale e circoscritta naturalmente). Non solo competenza digitale ma anche competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare; competenza sociale e civica in materia di cittadinanza; competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturale. Il Covid-19 ci ha posti nella condizione di non poter fare a meno di accedere al mondo digitale e ciò ha creato un nuovo contesto al quale tutti abbiamo dovuto adattarci, ognuno a proprio modo. Questo nuovo status ha incredibilmente accelerato il cambiamento, ora l’evoluzione della specie pare quasi essere percepibile nel breve periodo. Molte persone in poco tempo hanno completamente trasformato e rivoluzionato il loro modo di agire e lavorare. Insegnanti che un tempo rabbrividivano al solo contatto con un computer, ora riescono a muoversi con agilità e sicurezza; alunni che consumavano passivamente contenuti digitali di dubbia qualità, oppure risultavano ancora esclusi da tale esperienza, ora sanno interagire ed utilizzare proficuamente piattaforme, programmi, informazioni, dati, social network. Alcune antiche necessità non cambiano però, per fortuna. Una di queste è certamente l’esigenza di fermarsi talvolta a riflettere sulle esperienze della propria vita, provando a fissare per iscritto i pensieri, in modo da capire meglio ed essere più consapevoli di ciò che accade e che riguarda direttamente la nostra esistenza. Che sia mediante un diario o molto più romanticamente infilando un messaggio in una bottiglia affidata alle onde dell’oceano poco cambia. In entrambi i casi non sappiamo se qualcun altro leggerà questi pensieri ma in fondo poco importa perchè l’abbiamo scritto soprattutto per noi, per comprendere i fatti della nostra vita. Ci affascina la soluzione più avventurosa per cui abbiamo deciso di mettere il messaggio in bottiglia e abbandonarlo al proprio destino in balia dei marosi. Però siamo romantici cibernetici e il nostro mare è assolutamente virtuale.

   Splash...

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Esperienze didattiche al tempo del Covid-19 - parte quarta

 

Competenza digitale degli allievi

 

  Come se la sono cavata i nostri giovani allievi? Li chiamiamo “nativi digitali”, venuti al mondo con un ciuccio in una mano e uno smartphone nell’altra, con un istinto innato grazie al quale spesso riescono a capire molto meglio di noi, dei loro genitori e nonni, come si maneggia un cellulare, un tablet o un qualsiasi altro aggeggio elettronico. Sono indubbiamente più veloci e predisposti al multitasking dei nati nel ‘900 ma sfortunatamente anche per loro non è stato per nulla facile. Per inciso, non è affatto detto che ogni preadolescente possegga un proprio smartphone (...e forse è anche giusto ed auspicabile sia così) o che possa disporre di un tablet, un computer. La dotazione hardware personale infatti è risultata proprio uno dei principali e primi problemi da affrontare e al quale, fortunatamente, si è riusciti a dare risposta in tempi relativamente brevi. Dopo poche settimane dall’inizio del primo lockdown, grazie alla mobilitazione delle famiglie ma anche allo stanziamento di specifici fondi da parte del Ministero dell'Istruzione a favore di scuole e famiglie, tutti gli alunni sono stati dotati di device adeguate per la didattica a distanza (la famigerata DAD). Certamente un risultato rilevante, frutto di un consistente investimento da parte di famiglie e istituzioni scolastiche, che ha consentito ad ogni studente (o quasi) di essere connesso e potenzialmente operativo. 

  Però un conto è smanettare per svago tra app, giochini e piattaforme online dedicate a contenuti multimediali, altra cosa è utilizzare software, hardware, applicazioni web integrate per partecipare a lezioni a distanza, produrre materiali didattici da condividere con i propri compagni e insegnanti, realizzare video e caricarli su piattaforme online, saper gestire i vari formati di salvataggio dei file in modo che risultino compatibili e non troppo voluminosi. Una sfida impegnativa anche per loro, non c’è dubbio. Da un giorno all’altro si sono ritrovati a dover utilizzare in modo concreto e produttivo mezzi digitali sconosciuti. Come fosse scontato che un bambino o una bambina di undici anni possa riuscire ad affrontare tutto ciò solo in virtù di una naturale predisposizione o di una dotazione di mezzi certa. Caspita, cosa abbiamo chiesto loro! Certo, non che avessimo possibili alternative, confinati come eravamo nei nostri alloggi. Più di una volta mi sono soffermato a ripensare a mie piccate reazioni generate dalla mancata partecipazione di un allievo alla lezione online programmata. Qualcuno ha fatto sicuramente il furbetto ma molti hanno avuto serie difficoltà, almeno nelle prime settimane. Seppur nativi digitali, per riuscire a tenere il passo hanno avuto bisogno dell’aiuto di genitori, fratelli e sorelle maggiori. I risultati, per quanto abbiamo potuto osservare, in molti casi sono stati sorprendenti! Situazioni di dispersione scolastica fortunatamente sono risultate rare. I nostri allievi hanno vissuto, come noi docenti, un periodo di formazione intensivo che ha richiesto loro di imparare in fretta un sacco di cose nuove. Gestire le funzioni delle classi virtuali per poter partecipare alle lezioni a distanza; selezionare, visionare, scaricare e caricare materiali didattici online; interagire costantemente con i docenti attraverso le piattaforme digitali (Google Classroom, WeSchool o altre); utilizzare la posta elettronica e saperla controllare in modo efficace; produrre registrazioni audio e video di buona qualità, spesso con la necessità di sincronizzarle con il click di un metronomo o con registrazioni di compagni, ma non troppo pesanti in modo da poter condividere agevolmente con il docente (al quale non si può inviare un video da 750 MB senza rischiare una ramanzina...); aprire un canale YouTube, con l’autorizzazione e la supervisione dei genitori, per condividere con tutti o una ristretta cerchia di persone le proprie performance video, in alternativa a saggi e concerti in presenza. 

 

  Dimentico qualcosa? Aiutatemi a ricordare gentili colleghi! Cos’altro abbiamo chiesto ai nostri allievi di prima, seconda e terza media? La cosa straordinaria è che ce l’hanno fatta, ci sono davvero riusciti, e in alcuni casi con risultati eccellenti. Sono quasi sicuro che molti allievi, nella normalità delle lezioni in presenza, non avrebbero raggiunto simili livelli di competenza. Non possiamo avere la controprova, certamente, ma questa convinzione resta forte in me. Se prima della pandemia esercitavano la loro innata attitudine digitale per lo più in amene e discutibili attività ludiche, consumando passivamente contenuti di dubbia qualità culturale (ecco che viene fuori l’acredine giudicante del docente bacchettone nato nel ‘900!) ora hanno davvero cominciato a sviluppare competenze adeguate che consentiranno loro di produrre materiali e fruire in modo critico di risorse, fonti, produzioni multimediali ed artistiche. I miei allievi sono stati davvero molto bravi, sono fiero di loro e non ho mancato di sottolinearlo con feedback positivi. Ora non resta che aiutarli ad acquisire maggiore consapevolezza in merito alle immense risorse che il digitale offre.

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Esperienze didattiche al tempo del Covid-19 - parte terza

 

Competenza digitale degli insegnanti

 

   Che ci sia piaciuto o no, durante il lockdown abbiamo dovuto fare i conti con la tecnologia informatica: connessioni, nuovi hardware, software sconosciuti, piattaforme didattiche, social network. Fino a qualche mese fa si poteva scendere a patti con il digitale e magari optare per sussidi e modalità tradizionali. Da marzo 2020 in avanti non più. Si è trattato di scegliere se continuare a svolgere le lezioni oppure no, senza altre opzioni, prendere o lasciare. Le nostre case si sono improvvisamente trasformate in luoghi high tech! In una famiglia tipo di quattro persone, come nel mio caso, quattro locali con computer fissi e portatili, tablet, smartphone, cuffie bluetooth, microfoni panoramici e webcam. Una condizione da veri nerd. Ci si poteva trovare a proprio agio solamente nel caso in cui  la tecnologia digitale fosse già un ambito sperimentato. Io mi sono divertito un mondo, da appassionato di aggeggi tecnologici quale sono. Purtroppo non posso dire la stessa cosa per le persone a me vicine (familiari, allievi e genitori, colleghi). Alcuni hanno dato di matto, dovendo imparare in pochi giorni a governare ed utilizzare tecnologie non sempre familiari e “friendly”. Permettetemi un aneddoto divertente, per descrivere una situazione limite che sintetizza bene lo stato d’animo generale che, in qualche occasione, ha colto pure i più smanettoni. È una “true story”, forse un po’ colorita ma autentica. 

   Un caro collega prossimo alla pensione (del quale ovviamente non rivelerò il nome) ha giurato solennemente che la prima cosa che farà il prossimo anno, appena raggiunto lo stato di quiescenza lavorativa, sarà recarsi sul ponte vecchio della città in cui vive e lanciare di sotto, giù nel torrente, il proprio computer. Un vero rito catartico - degno di un’opera architettonica del XV secolo che tradizione popolare ha denominato “Il ponte del Diavolo” - al quale cercherò assolutamente di presenziare per non perdere l’opportunità di vivere in prima persona il rinnovarsi dei patti satanici descritti dalla leggenda. Ovviamente come gesto d'amicizia, da buon ecologista, provvederò personalmente alla bonifica del sito.

   Quanti di noi hanno avuto la stessa idea o qualche impulso simile? Non vi è forse successo di non riuscire ad attivare la webcam del vostro computer durante una video lezione? Oppure non capire come condividere con gli studenti alcune risorse didattiche sulla piattaforma digitale? Tutti, esperti o no, almeno in un’occasione ci siamo ritrovati a dover resistere alla tentazione di disintegrare un apparecchio digitale riottoso, incapaci di venire a capo di situazioni intricate, esattamente come il collega prossimo alla pensione. In un modo o nell’altro abbiamo dovuto risolvere ogni problema tecnico, per mancanza di alternative ovviamente. Ora, ritornati alle lezioni in presenza, abbiamo la possibilità di trasformare questa esperienza coercitiva in nuove opportunità. È praticamente impossibile ritornare alla modalità pre-covid, non a caso la DAD è diventata DDI, che sta per didattica digitale integrata e questa volta il cambio di nome/acronimo, secondo noi, è significativo. Ciò non vuol dire che tutte le modalità tradizionali siano da abbandonare, che i libri di carta siano da sostituire con quelli digitali, per carità! Dimostra solamente che non possiamo ignorare le nuove tecnologie e tutte le possibilità che offrono, ad integrazione delle nostre consuete pratiche didattiche.

   Vale la pena soffermarsi per una riflessione in merito alla competenza digitale sviluppata da noi docenti in questi mesi di smart working, in italiano - lavoro da casa - ci piace di più. Come abbiamo già detto, a tutti è successo di dover risolvere questioni digitali nuove e complesse. Trovarsi di fronte a problemi mai affrontati prima, appunto in situazioni nuove e complesse è proprio la situazione giusta per sviluppare nuove competenze. Tra l'altro è condizione in cui poniamo i nostri allievi durante lo svolgimento di prove autentiche di valutazione . Magari anche grazie a questa esperienza probabilmente in futuro riusciremo a progettare meglio e a dimensionare con i dovuti equilibri le attività didattiche programmate per i nostri studenti. 

   È stata una full immersion, un corso di auto formazione intensivo che ha sicuramente aumentato le nostre competenze, la nostra capacità creativa e di problem solving . Non a caso alcuni dirigenti scolastici sagaci non hanno richiesto ai docenti della propria scuola di documentare la partecipazione ad ulteriore attività di formazione per l’anno scolastico 2019/2020. 

Noi tutti, con informazioni reperite in rete, corsi di aggiornamento online, molto spesso con l’aiuto reciproco tra congiunti o in videoconferenza tra colleghi, siamo riusciti a realizzare ciò che dovevamo: effettuare lezioni-riunioni-collegi-scrutini e esami online, registrazioni audio e video da caricare sulla piattaforma digitale della scuola, aprire canali didattici su YouTube per condividere con i nostri allievi video tutorial a supporto della didattica, assemblare filmati con performance - dal duo all’orchestra - da inserire sul sito della scuola per ovviare all’impossibilità di realizzare saggi, concerti e concorsi in presenza. E altro, molto altro ancora!

   Ai lettori di questo blog ai quali verrà voglia di narrare le proprie epiche gesta diciamo: siete i benvenuti, accomodatevi e raccontateci la vostra esperienza. Vanno bene anche link di vostri lavori e scritti già presenti online, l’importante è condividere, ampliare il fronte di discussione, mettere in comune le esperienze per dar loro il giusto valore o magari trarre nuovi insegnamenti per il futuro.

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Esperienze didattiche al tempo del Covid-19 - parte seconda

 

Condivisione

 

Apriamo con una domanda: “È possibile che il lockdown, seppur imponendo il distanziamento sociale, abbia in qualche modo contribuito alla rigenerazione delle relazioni interpersonali?”. Con le persone a noi più prossime intendiamo. Che fossero familiari rinchiusi nella stessa dimora o allievi incontrati virtualmente in aule digitali, è successo anche a voi di notare un miglioramento della qualità delle relazioni, una maggior condivisione e complicità? 

   Personalmente, mai come in questo periodo ho condiviso pensieri ed esperienze con le persone a me più vicine. In famiglia siamo in quattro: una maestra di scuola primaria; il sottoscritto; una laureanda di Accademia delle Belle Arti; una studentessa al secondo anno di Istituto d’Arte Applicata e Design. Tutti operativi con le proprie attività nel medesimo luogo e nello stesso momento. In una stanza si preparava una video lezione sui vulcani mentre accanto si svolgeva una sessione collettiva online dedicata alla progettazione di un nuovo modello super tecnologico di asciugacapelli dal design futuristico; in cucina - sul tavolo da pranzo - un piccolo laboratorio di incisione; in studio (nel mio bunker seminterrato in cui abitualmente lavoro) una lezione di chitarra sulla piattaforma WeSchool. Tutti sentivamo tutto, interferendo e interagendo a vicenda, senza filtri efficaci. Nel video della maestra poteva materializzarsi improvvisamente una giovane donzella con indosso una t-shirt e la parte inferiore del pigiama (“... tanto non si vede!”), in procinto di armeggiare con smartphone e auricolari bluetooth; la laureanda impegnata con il proprio lavoro d’incisione (aiuto! Il tavolo della cucina si salverà?!)  poteva ridere delle battute ironiche del babbo, e quindi interagire con la lezione in corso, perché cucina e studio sono collegati da una scala a chiocciola, perciò senza sufficiente isolamento. Ci si poteva scambiare consigli, opinioni, aiuti in tempo reale. Situazione assolutamente inedita. E tutte le altre cose fatte insieme, quando non impegnati in attività lavorative: le partite a carte o a scacchi, le competizioni culinarie in stile “4 Ristoranti”, le sedute di meditazione tenute da un amico su Facebook, le corse intorno all’isolato rispettando le regole imposte dalla quarantena (sigh!), le litigate affrontate in modo nuovo e diverso perché da quei 100 metri quadri non si poteva fuggire… E tanto altro ancora, di nuovo, di inaspettato. Fortunatamente non siamo entrati in contatto con casi di contagio perché altrimenti tutto sarebbe drammaticamente cambiato e i racconti, a questo punto, non avrebbero come argomento la didattica.

   Che dire poi degli allievi?! Ci si sentiva con WhatsApp, Skype, WeSchool, Google Classroom a tutte le ore del giorno e della sera. Pure loro mescolati nello stesso brodo, in famiglia. Succedeva che mentre l’allievo svolgeva la propria lezione online la mamma cucinando origliava, assistendo (finalmente! Oserei dire da genitore - rischiando la scomunica ovviamente) ad una lezione di chitarra, con il fratellino che improvvisamente appariva nello schermo spuntando da sotto il tavolo e il cane disperato, abbaiante, rinchiuso chissà dove. Il tutto con un lieve brontolio intermittente di sottofondo: il padre, nella stanza attigua, impegnato a concludere una pratica di lavoro. È successo che alcuni abbiano provato disagio a causa di tale promiscuità, manifestando malessere anche in modo vivace e colorito. Non v’è dubbio che tutto ciò sia stato molto difficile da affrontare ma nel contempo pare abbia riservato aspetti positivi. Entrando uno nella vita dell’altro ci siamo conosciuti di più e meglio, scoprendo nuovi modi di essere. Per necessità abbiamo badato un po’ meno al rispetto della privacy - pur salvaguardando scrupolosamente le norme essenziali ed irrinunciabili - e ciò ha consentito di abbattere barriere, eliminare i muri divisori di protezione che abitualmente ergiamo intorno a noi, guadagnando occasioni di condivisione di cui, in condizioni di normalità, non beneficiamo.    

   Ora siamo più vicini, sappiamo di più uno dell’altro e abbiamo dato accesso virtualmente agli spazi che abitiamo e altrettanto hanno fatto i nostri allievi. Quando ci incontreremo di nuovo in presenza potrebbe essere tutto diverso, il nostro rapporto forse sarà migliore, più stretto, più empatico. Vedremo... Comunque l'opportunità di condividere è senza dubbio la prima risorsa che ci sentiamo di dover evidenziare e più avanti, quando entreremo nel merito di alcuni progetti realizzati durante i mesi di lockdown, avremo modo di analizzare tali esperienze e certamente convenire che hanno potuto concretizzarsi soprattutto grazie ad una maggiore e migliore interazione e collaborazione tra insegnanti, allievi e famiglie.

   La capacità di collaborare, di saper lavorare in team integrando il proprio agire in modo cooperativo con altri individui è certamente la competenza che abbiamo avuto la possibilità di potenziare e questo è un ambito per il quale sembra ci sia ancora molto da fare per migliorare. 

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Esperienze didattiche al tempo del Covid-19 - parte prima

 

Prologo

 

“Nessuno poteva prevedere un anno così complicato!”: è una frase che stiamo sentendo ovunque, da mesi oramai. È stato faticoso restare isolati in casa per settimane, rinunciando a tutto ciò che normalmente animava il nostro agire quotidiano. Si stentava a credere stesse succedendo davvero una cosa simile. D’improvviso si sono azzerate relazioni sociali, attività lavorative e scolastiche, concerti, sport, svaghi, danze, feste... insomma tutto quanto bloccato! Le parole d’ordine?

 #LOCKDOWN  

#IORESTOACASA

 

    Le attività scolastiche (e non solo quelle) hanno rischiato di collassare, obbligate ad interrompersi per poi proseguire con nuove modalità. Abbiamo dovuto imparare a lavorare e studiare da casa, ad incontrarci in aule virtuali per continuare a suonare, ad apprendere cose nuove malgrado tutto. Riorganizzare completamente la didattica non è stata cosa semplice ma, volgendo lo sguardo ai mesi passati, pare stupefacente ciò che si è riusciti a realizzare! Le imprese dei nostri allievi - e anche le nostre ovviamente -, gli sforzi compiuti, i traguardi raggiunti grazie a impegno e dedizione meritano di essere osservati, analizzati, narrati, per prenderne piena coscienza e orientare le scelte future. Non pensiamo semplicemente ad un resoconto delle esperienze didattiche ma ad un’indagine metacognitiva che permetta di esaminare, valutare ed interconnettere nuove conoscenze e abilità, favorendo perciò lo sviluppo di nuove competenze e in particolar modo quella di “imparare ad imparare”. La metacognizione consente di approfondire i pensieri, di conoscere e dirigere i processi di apprendimento; è una pratica autoriflessiva sul fenomeno conoscitivo, su cosa e soprattutto come stiamo imparando e quali sono le motivazioni che ci spingono a farlo. Riflettere sull’evoluzione dei percorsi di apprendimento è indispensabile per gli insegnanti e può essere molto significativo per gli allievi. Avere consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza, ma anche riconoscere la differenza tra sapere qualcosa su un argomento e comprenderlo pienamente sono condizioni per nulla scontate. Spesso ci si lascia condizionare da ciò che non funziona, prendendo genericamente in esame solo le situazioni negative, oppure si danno per sottintesi i buoni risultati. È valorizzando il positivo che ci si dà la possibilità di manifestare feedback costruttivi e motivanti: è una questione di approccio. 

    Il lockdown ha generato un punto di rottura con il passato; una straordinaria opportunità di cambiamento dettata da mutate condizioni sociali. Prima di dedicare tempo ed energie alla programmazione delle attività per il prossimo anno scolastico, ci sembra necessario ed urgente sfruttare questa singolare occasione provando a ragionare sulle esperienze realizzate tutti insieme durante questi ultimi mesi, tentando anche di comprendere ciò che non ha funzionato e che ha bisogno di essere migliorato o progettato in modo differente. Il pronome “tutti” include allievi, insegnanti, famiglie degli allievi, famiglie degli insegnanti, dirigenti, personale della scuola. 

    Questo, pertanto, è uno spazio di riflessione, un’occasione di analisi e di confronto sulla didattica, una potenziale rete di collaborazione. In fondo uno degli obiettivi che ci siamo posti, Edoardo ed io, nella progettazione ed allestimento del sito, è alimentare il libero scambio di progetti, di materiali e incentivare l’incontro di opinioni, di stili didattici differenti. Proviamo a farlo così, in modo assai informale, sperando di essere pragmatici piuttosto che paradigmatici, condividendo nel blog le nostre esperienze di artigiani della didattica.

    Ma veniamo al nocciolo della questione: quali sono i presunti buoni risultati che meritano di essere evidenziati? Vi proponiamo il nostro punto di vista ragionando in merito ai seguenti ambiti:

 

1) Condivisione.

2) Competenza digitale degli insegnanti.

3) Competenza digitale degli allievi.

4) Le risorse del WEB.

5) Inclusione.

6) Rinnovamento delle metodologie didattiche.

 

    Il discorso non può certamente esaurirsi in poche righe e probabilmente sarà necessario affrontare ulteriori aspetti da voi suggeriti, perciò abbiamo deciso di inserire nel blog l’articolo suddiviso in parti consequenziali, una ogni settimana o mese (vedremo), in modo tale che ci sia tempo per la rielaborazione personale ed eventuali interventi di colleghi e lettori. Nelle successive “puntate” approfondiremo ogni singolo argomento e inseriremo anche esempi concreti di attività.

 

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